Il libro “GrammaticalMente” di M. Gabriella De Judicibus, ha un sottotitolo interessante, quasi curioso, oserei dire stravagante “DNA del testo: grammatica per comunicare”. Non siamo abituati a sentir parlare di DNA in grammatica eppure in questo libro ha il suo perché, sembra indicare la “prima radice”della comunicazione. L’autrice punta l’attenzione sull’importanza vitale del saper parlare che consente agli esseri umani di entrare in rapporto, di formare comunità e dimostra continuamente la forza della comunicazione efficace. Riprende le regole , le norme, ma in modo nuovo, veloce, logico con semplici esempi che fanno riflettere e scoprire che, pur rimanendo prescrittive, permettono all’individuo di crearsi un habitus linguistico che lo contraddistingue. E, andando avanti nella lettura, ci si rende conto di quanto sia naturale parlare in modo corretto come se il libro di grammatica fosse scritto nel nostro DNA, basta solo metterlo tirarlo fuori seguendo la logica, da sempre considerata, a torto, appannaggio della matematica. Il libro ci permette di entrare nel mondo magico della grammatica, delle parole che ci consentono di creare, abissi o cieli sereni, di far piangere o ridere, offendere o incoraggiare, ma ancor di più di intraprendere un viaggio dentro noi stessi, la nostra storia, le nostre storie, i nostri travagli ed emozioni, perché tutto ciò è dimensione linguistica. Di grande importanza sono gli esercizi consigliati, vera palestra per il cervello, una didattica laboratoriale che sprona all’osservazione e in modo rapido ci trasporta da un gradino ad un altro più in alto. Di grande beneficio per la lettura è la grafica che utilizza colori, schemi, parole in grassetto ed in corsivo che permettono di orientarsi velocemente nel testo. Insomma nel libro si trova quasi naturalmente il bandolo della matassa grammatica che per molti risulta intrigata inesorabilmente. M. Florinda Fracella
Prof.ssa Florinda Fracella: Docente di Lingua, Letteratua Italiana e Storia
Carissima Amica, ti scrivo in questa calda giornata estiva, in un momento di languido rilassamento, quando la mente ha lasciato il passo al sentimento. Non finirò mai di ringraziarti dello splendido dono fattomi. Mi ha permesso di conoscere un altro aspetto della tua eclettica personalità: non solo Amica sorridente ed ottimista, appassionata intellettuale, indefessa studiosa, ma ora anche poetessa! Quasi fosse un libretto d’istruzioni per i fortunati che ti vivono affianco, sveli con semplicità , la molteplicità di emozioni che ti caratterizza. Il tuo essere ebbra di quotidiana natura, ti permette di trovare in essa, una chiave di lettura lucida degli eventi della vita. Così, con un linguaggio ricco e ricercato, ma al tempo stesso gentile ed omeopatico, descrivi le battute di arresto, la speranza, la forza, la luce nella stanchezza. Ci vedremo presto, ti guarderò con occhi nuovi, penserò alle tue poesie incantate, metafore fra ciò che non è più e ciò che non è ancora, oltremodo felice di aver condiviso tanti anni assieme. Ti auguro con tanto affetto una fantastica estate e ti bacio forte forte Anna Maria Ligori
Prof.ssa Anna Maria Ligori: Docente di Educazione Motoria e Discipline Sportive
L’anima romantica nella luce del salvifico sapere (presentazione della poetessa M. Gabriella de Judicibus) Afrodite restituì la giovinezza a Faone e pur la bellezza. Per questo non accettò di Saffo quel sospirato amore che di splendor più vero lo avrebbe dotato? Povera Saffo, amica mia! Ahimé, di lui t’innamorasti senz’aver compreso che negava a te la speme l’anima sua! Forse non hai bellezza, ma «un nobile cuore» e «parole d’amore» hai tu come «dardo infuocato» . «Non odio nessuno io perché la mia anima è buona» – virtuosamente – dicesti un dì dinanzi a un cielo affamato di gioia – che forse nessuno ti dava – e mi trascinasti a nuova vita irresistibilmente. Possa oggi il mio amore raggiungere il tuo, cara Saffo, nello spirito che ancor ti regge nello splendore del tuo mondo di luce. «Non mi sembra di toccare il cielo» , ancor dicesti pensando al bello che viene e va. Non è vero, amica mia, in te solo amor puro esiste, ascolta la tua anima, «fa sussultare chi la guarda» . Grazie Gabriella per avermela ridata come sempre nitida nel volto, dolce nel sorriso dei tuoi versi luminosi. «Vieni incontro a me, allontana da me quest’ansia crudele», dov’è «l’aurora», mi dice, «nel mio dolore?». «L’Aurora dalle braccia di rosa», «amata mia compagna», dov’è? Sei tu, dolce Saffo l’«aurora dai sandali d’oro», e «tu, o Calliope», dolce poesia soave, «fanciulla dalla bella voce», anche tu mi giungi per guarirmi. Saffo a parte, Maria Gabriella pur m’avvince e mi fa parlare di poesia facendomela vedere come io la voglio nella spiritualità che nel bello trova conforto. Donna virtuosa com’è, Gabriella ci accompagna verso «lidi» dove «il tempo» «nella notte» «scorre lento» «come il mio cuore», lei dice, sorridente al canto delle lucciole dai brividi silenti. «Bellezza crudele/ perché mi rendi oggetto d’amore/ per chi non amo né mi è concesso amare?». Ciò leggo in Elena e Paride dopo Saffo e Faone. Stupenda immagine, questa, incanto se vogliamo, e nulla più forse. Nient’altro so dire, è qui il dramma di chi non può amare pur essendo amato. Il bello cattura a volte su amor sorvolando. È chiaro il senso? Poesia come filosofia quella di Gabriella. Ma, come posso chiamarti «amore» se «resa» m’hai «inumana»? «Mi persi perdendoti/ e vago fin dove mi spinge il delirio». «Legai il mio velo bianco/ sulla punta aguzza di un albero spoglio/ e piansi a lungo». «Mi lacerai le guance», «aumentava l’affanno». «Fissai il tuo volto, le vele/ e infine, il mare». Questo leggo nelle Heroides. Sì, «il fuoco brucia/ nella notte buia» e tu «solo a te stesso» «appartieni». Nelle Heroides questo è detto. Ma tu, «straniero che ho chiamato Amore/ perdona la folle illusione/ il senso di tanto dolore». Amore come straniero, dunque, in Briseide ed Achille. Perché mai? Scoprilo tu, amico caro, se mi leggi. Posso solo dirti che Omero cattura alla maniera di Saffo. Ah, «se potessi recidere i nodi/ che allo sposo m’aggiogano»! È ciò in Elena e Paride. Eppur «pensarti non oso/ al mio fianco, senza tremare», dice Briseide, e Didone anche parla di «cuore crudele» . Il «grembo di donna/ che per te già fioriva d’amore materno/ conoscerà la tua spada», dice. Perché tanto male al mondo, mi domando? Ma io «bella sarò/ se tu m’amerai com’io ti amo», dice Fedra. Nella mitologia scorgo la verità in amore, sempre quella in tutti i tempi, ma mi dice che poesia può tutto, anche cambiare il mondo, poesia come missione di vita per intenderci, perché poesia è «sacralità» e, se così è, deve agitarti dentro e suscitare emozioni «che altro non dicono se non di aura possente e luminosa gioia, di amore come folgorazione insomma», come dissi un dì pensando al bello quando osa mostrarsi agli altri per far vedere il suo essere con l’uso della contemplazione perché – come sempre dico – bello chiama bello. Ebbene, Maria Gabriella mi porta ad amare il bello sempre più, la sua poesia cattura per davvero, mi porta a usare l’anima in un processo meditativo e di estrinsecazione per cui pur io m’affido ai versi in quanto spinto da lei a farlo per quell’uso della parola che m’avvince. Comprendo – in quest’ambito che cattura meraviglie e dona sorrisi – che la conoscenza è nell’anima per cui va esplorata per darla al mondo come bene. Leggi Pensieri inversi e ne hai conferma. «Caddero le stelle dal cielo/ e s’infransero in mille sbadigli», dice Gabriella, perché «i poeti cercarono invano tutta la notte/ il senso del proprio essere/ altrove» pur nei momenti per me strani, per me che vivo nel crepuscolo dei sogni vaganti questo accade. Oasi di luna in mar di stelle, trovo in Gabriella lo spirito che sublimizza amore e lo dico non per elogiare ma per significare riconoscenza allo spirito creativo. In lei è veramente poesia salvifica, anima d’amore insomma. «Il silenzio ha nel petto/ tutte le torce spente del cuore» , dice Éluard, e ha ragione. Ogni «riso perde ormai i suoi colori» perché «i folli lo divorano» . «Gli occhi riarsi del bosco» «strappano al vento le piume» , dice ancora Éluard, e più con lui oltre non vado. Nei ghirigori d’una stupenda aurora improvviso m’appare, perché mai?, E.A. Poe quasi per acquietarmi lo spirito. «Non mi dava spavento quel terrore», «anzi un trepido diletto», «un diletto che miniere di gemme» «mai potrebbero indurmi a definir qual era» «e neanche Amore», «foss’anche l’Amor tuo» . Bravo Edgar, sei fantastico!, ma è più in Gabriella la vera essenza poetica. Considero messaggera di luce la sua poesia e forse più vera della tua, Edgar, che nel travaglio trova l’esistenza. È il mio modo di vedere le cose in quest’ambito di luce torturata dal sole, non è più lui infatti. Tu invece, Gabriella, parli di «miele e carezze sulle piaghe». Ah, «se sapessimo costruire sorrisi/ risvegliare anime sommerse e spiriti assopiti»! È vero, «ci sono giorni neri in cui t’arrendi», ma tu «corri nel vento e lancia con forza» il tuo spirito guerriero contro l’odio che di sicuro rovina, contro il male che è nel mondo. «Centrare il bersaglio è questione di mira», sappi che la vita «ti appartiene», tu «vivrai» «finché sarai Poesia» . Ma cos’è poesia, poesia cos’è ?, sempre mi domando. È anima, mistero, sacralità, anima come soffio di Dio, aura come mistero, dunque, come ciò che non si può ben capire né definire «nell’esattezza della sua profondità interiore». Per me questa è poesia. «E se la bellezza è ciò che piace alla mente, siamo nel campo dei valori, perché mente e pensiero si equivalgono per quel che mi sovviene pensando a Leopardi. Perciò dico che poesia è catarsi alla luce del filosofico sapere» . E «se la bellezza è idea, bellezza e verità sono la stessa cosa» non potendo il bello essere vero in stesso . È necessario quindi esplorare l’anima per farla meglio conoscere onde comprendere il dono dell’esistenza nelle varie fattezze del suo essere come verità, con l’esercizio della ragione. Capirà così l’uomo, capirò io così perché sono, perché siamo venuti al mondo. Sì, «lui tornerà nella casa da restaurare con cura/ e l’angelo dalle ali smussate verrà spolverato/ di quel velo sottile che il tempo utilizza per vestire/ le cose». Sì, «ho bisogno di un sogno diverso/ ho bisogno di un verso/ riverso», «esiste ancora/ da quella parte/ l’armonia del mondo». Questo tu dici, e a buon ragione, cara Gabriella, e forse così il tuo estro avvicini al sacro senza scomporti. Quando parli nei tuoi occhi mi porti con la maestria del silenzio e trovo spazi nel tuo essere inquieto talvolta, di struggente splendore che «l’odioso dolore» trafigge, annulla, porge nel vuoto. E t’avvicini a Wilde in questo dire inconsueto e fragile a volte perché non hai fatto del tuo cuore un «cuore di pietra», non hai viaggiato dove «la Bellezza è una cosa sconosciuta» anche perché «la primula, quello scudo d’oro piumato di bianco,/ seguiva con gli occhi assorti il vagare del sole» . Ed è quello che fai tu nella consapevolezza dei poteri del tuo spirito, della tua anima ansiosa «di esistenza e trascendenza e ancora dell’essere come verità» , perché «i fiori», come dice Wilde, «a volte guariscono/ l’angoscia di un uomo». La conoscenza si acquisisce infatti con lo studio dell’anima, di quella non ancora esplorata «che sa di luce nell’ambito delle angeliche creature che sono il bello puro, l’estasi divina raggiungibile con la volontà dell’io nell’evoluzione del suo essere nel dominio del bene necessario per il progresso intimo dell’anima» quale passaggio «dall’indistinto al distinto», come Ardigò dice. Per Wilde c’è «profondo silenzio dove le ombre cessano/ tranne per un grido che stridulo echeggia» . Maria Gabriella sostiene che «le parole una volta pronunciate appartengono a chi le comprende» ed è vero, soprattutto se si tratta di poesia ermetica. È il motivo per cui per capire Wilde devo amare poesia quale linfa guaritrice, sostanza intellegibile in grado – in quanto pensiero – di creare il visibile nella voglia di dare al mondo bellezza coi poteri dello spirito. Poesia è perciò bellezza che raddrizza l’anima quando è presa dal male. E anche per capire te, Gabriella, devo amare poesia perché poesia è verità, è sfogo di anima folgorata dal bello e la verità – che a te appartiene – è una e basta, è cioè poesia. «Era l’autunno e mancava poco all’imbrunire. Soffiava il vento e nei campi c’erano ragazzi che lanciavano in cielo aquiloni legati a lunghi fili» . «Mi rivedo ancora oggi sulla strada che va a casa dalla stazione», «al nostro villaggio, vicinissimo alla città, si arriva passando per i campi», dice Kundera. Le meraviglie del cielo nell’ambito della struggente primavera? No, perché qui l’arte diventa – nell’umana volontà – pensiero edificante per i poteri della mente, virtù intellettiva come forza che si realizza nella materia in comunione con lo spirito che crea pur non avendola in sé. Perciò «respira l’aria forte e cerca le occasioni/ che poi c’è sempre un treno che parte alla stazione/ puoi scendere o salire, cedi alla tentazione/ di non fermarti mai ovunque tu sia giunto/ perché sei l’infinito e non soltanto un punto» . «Ricorda che sei libero e schiavo di nessuno» . Messaggio utile al mondo, questo, che mi riconduce a Kundera, non so perché, forse per quel vento che soffiava «nei campi» con gli aquiloni che andavano «in cielo». Progresso, quindi, di vita nella pagine dello scrittore che ritrovo in Maria Gabriella giustamente nel chiarore d’un sogno non più sogno proposto al mondo e alla vita in una sensibilità d’animo che sa di umanesimo come rivalutazione dei valori dell’essere, condizione necessaria per un ordine da raggiungere negli intenti progressivo. «È come condurre l’uomo all’esperienza del tutto per rinunciare alla finitezza delle origini» , se ho ben capito. Poesia dunque, quella di Maria Gabriella, espressa in una logica come arte del discorso, direi dialettica, sobria e persuasiva, frutto di analisi approfondita che garantisce l’autenticità del giudizio detto in forma dialogica, talvolta. «Io vi insegnerò/ quanto prezioso/ sia ciascuno di voi/ sulla Terra/ e vi aiuterò a riconoscervi./ Così ognuno saprà/ il nome dell’altro/ e il proprio/ e vi chiamerete per nome/ con tenerezza e rispetto» . «In generale, si ritiene che la valutazione basata sull’affetto abbia una natura associativa» , dice il Bonini, soprattutto oggi che viviamo in una società in grado di manipolare il valore affettivo, qualunque esso sia. Ma tutto dipende da noi. «Nessuno potrà/ togliervi/ ciò che voi siete/ nel vostro animo», «nessuno potrà comprarvi né farvi disprezzare», «se sarete consapevoli del vostro valore» . Per de Judicibus, come anche per me, meditare nell’anima significa riscoprire la verità che in fondo ha bisogno di mostrarsi al mondo come bene, con l’aiuto di poesia, in questo caso, poesia filosofica, dunque, quella di Maria Gabriella. L’anima, come sempre dico «o il pensiero che è ragione, assume nell’invisibile le forme del bello metafisico, catartico e intellettivo magnificato dal bello incorporeo che è Dio, massimo Bene massimo Bello» . «O Tu principio e fine di tutte le creature/ tormentami se ti piace, carezzami se ti piace!» , dice Khayyàm, affidandosi alla Sua volontà, rinunciando alla «Miseria» che un dì – per Gabriella – «bussò alla porta/ e gli uomini distratti le aprirono senza pensarci». Fantastica allegra malinconia nel profondo respiro degli anni ruggenti – a volte – negli orizzonti di ghiaccio e pur speranzosi all’ombra dei mormoranti fiumi. Non è possibile, addirittura viole spezzate nascono in noi per trovare il freddo nei freschi impossibili baci sulle scogliere dei luoghi d’amor deliziosi. E sospirosi affanni s’intrecciano e vanno nel vuoto dei ricordi avidi di cielo. «Intorno a noi esiste solo questo pesante muro» irto di petali bianchi, bagnato dalle acque delle invadenti lune. Nell’animo del poeta son occhi che sanno di pianto? «Il tramonto/ che incendia il mio cielo», bellissimo il verso di Gabriella!, mi fa a questo pensare, e poi «quel muro di cinta» che «circonda» «la vita» di quell’uomo, di quel ragazzo… «Chi ha eretto quel muro/ mi chiedo e quando?» . «Che se ne dirà nei cieli che vedono una sola virtù/ far frutto» nella solitudine dei pensieri silenti?, e, «chi può salvarsi in una sola vita» in cui «né la forza/ né il tempo di vivere per la verità» diventa motivo (ragione) di speranza? Ma «chi sono e chi ero» pur sempre «mi chiedo» . «Ditemi, cos’è un pensiero?», si domanda Blake. «Non pensare di poter singhiozzare un singhiozzo/ senza che il tuo Creatore ti sia vicino» né di «poter piangere una lacrima/ senza che il tuo Creatore ti sia accanto» . Ed è così perché – come dice Gabriella – «intorno fantasmi e fardelli» trovi, «brandelli di cose iniziate/ e lasciate/ senza esser finite», ombre di coralli sciolti nelle spelonche dell’oblio. Ma «un frammento d’eterno ogni lieve respiro racchiude, in sé perfetto,/ e già visto, già udito, già franto nella teoria ininterrotta/ dei giorni, dei mesi, degli anni, di tutta una vita/ di più vite insieme» . Stupenda immagine nel frastuono di quei «lampi di luce» di cui dice Gabriella. «La mia vita fugacemente alita attraverso i giorni,/ si conclude presto e poi di nascosto sfocia/ nel regno della nostalgia e dell’eternità» . Eppure, «al di là della montagna/ la pallida luna sparge la sua luce,/ là nell’eterna notte/ abita la mia giovinezza» . «Fragile è l’essenza/ della vita/ e ancor più caduco/ il suo valore», dice Gabriella. «Un raggio sono della luce, una foglia sull’albero» , sostiene Hesse. Potrei perciò «prendere tra le mani/ la tua vita/ e riavvolgerla piano/ come il filo di seta/ di un bozzolo d’oro/ prima che tutto accada/ e ogni cosa abbia fine» . E «ti amerò com’è giusto che sia/ con la leggerezza d’un bacio/ non richiesto e più gradito», «allontanandomi, senza perderti». Poesia che travolge e avvolge in Gabriella, una meraviglia nei valori dello spirito, ricerca di pensiero sull’essere, processo conoscitivo che conduce all’estasi, filosofia che ricopre il bene nella verità come valore, positività che appartiene al bello. Perché io «al mondo venni» con «l’alba nei tuoi occhi» . Nelle piccole cose è allora amore, amore che le fa grandi perché grande è amore, dissi una volta. «È un procedimento per il quale ci portiamo nel misterioso mondo ov’è solo splendore di stelle, cioè umiltà e non vanità, insomma solo amore» . «Tutti i pensieri, tutti i cuori sono dolcemente inteneriti, e pongono questioni piovose, e aspettano e ascoltano per tutta la notte» . Sì, Kerouac mi fa capire che pensiero è ragione e pensiero insieme in un gusto simbolista come poesia pura. Ma adesso torno a te Gabriella, come non potrei!, «allontanandomi, senza perderti». Che vuol dire? È tuo il verso. Lo colgo nella bellezza dell’anima come essenza di vita, meglio forse come illuminazione che schiude alla comprensione di un’idea che la poesia ermetica risolve. «Un pensiero sospirar quiete», direbbe Carducci, il cui significato nel verso «che proponi» «aleggia lieve» come canto d’amore «in una foresta/ dove il muschio attutisce ogni foglia che cade» . «Non c’era la luna, ma cominciavano a spuntare le stelle» , direbbe Virginia Woolf. Credo che il senso sia chiaro. Ma presto s’allontana «lo spirito leggiadro/ con un mesto sorriso» , sostiene Hermann. «Ci sono giorni in cui non dormi/ in cui non torni/ ti guardi nello specchio e si frantumano/ tutte le immagini/ come parole su di un foglio senza margini» «come quando il cielo si rannuvola/ senza una lacrima di pioggia che ti /possa far coraggio» . «E tutto ciò che brucia è nel tuo cuore/ e non è amore non è passione/ non è emozione forte dirompente/ è cenere fumosa più che niente», «è mano che non vuole accarezzare/ orma da cancellare/ vita da scordare/ frammento da non ricomporre» . E intanto «fugge il tempo, ancora fugge, e nessun sogno/ sorge splendido come io lo vorrei» . «Chi si pensò tua compagna» «non era che misera schiava» . Nell’originale stile – suo – sobrio ed elegante, alla maniera di Keats, credo, Gabriella riscopre nella luna che «illuminava la spiaggia» momenti di fragile speranza. «La sabbia – dice in Arianna – rallentava la corsa» «e aumentava l’affanno». A volte le apparizioni della luna sono fugaci come il guizzar dei lampi nelle notti d’estate, ma l’estro del poeta s’affaccia sempre nell’infinito, in questo cielo che forse vedrà la fine. «Quanto piace al mondo è breve sogno», dice il Petrarca. «Qual vaghezza di lauro?, qual mirto?», per il poeta. «Solo la lucente luna nella primavera dei sogni tranquilli allo sbocciar della candida aurora? No, c’è l’immenso ancora da raggiungere, con la memoria che non teme la tenebra. E per far questo ci vuole poesia» . Rocco Aldo Corina
Rocco Aldo Corina: Osservatorio Poetico Salentino
LA SVOLTA - romanzo storico di Luigia Cappello Un romanzo che narra, con uno stile agile e avvincente, la storia della generazione dei liceali appartenenti alla piccola borghesia leccese, durante il periodo fascista. Convinzioni e miti dovranno fare i conti con una guerra inutile e ingiusta, che strapperà alle famiglie tanti ragazzi, frantumerà ideali e porterà tutti, faticosamente e dolorosamente, verso una nuova era. Personaggi nei quali è facile identificarsi e che inducono il lettore a riflettere sulla nostra storia e sul nostro futuro, senza per questo rinunciare a intraprendere un viaggio nel passato. Un libro che dovrebbe essere più conosciuto dal grande pubblico e specie dai giovani. Un libro che, a mio modestissimo parere, potrebbe trovare degna collocazione tra quelli utilizzati nelle nostre scuole per la formazione dei cittadini di questa parte del mondo.
Onofrio Lamanna
MARIA GABRIELLA DE JUDICIBUS L’anima romantica nella luce del salvifico sapere Afrodite restituì la giovinezza a Faone e pur la bellezza. Per questo non accettò di Saffo quel sospirato amore che di splendor più vero lo avrebbe dotato? Povera Saffo, amica mia! Ahimé, di lui t’innamorasti senz’aver compreso che negava a te la speme l’anima sua! Forse non hai bellezza, ma «un nobile cuore» e «parole d’amore» hai tu come «dardo infuocato» . «Non odio nessuno io perché la mia anima è buona» – virtuosamente – dicesti un dì dinanzi a un cielo affamato di gioia – che forse nessuno ti dava – e mi trascinasti a nuova vita irresistibilmente. Possa oggi il mio amore raggiungere il tuo, cara Saffo, nello spirito che ancor ti regge nello splendore del tuo mondo di luce. «Non mi sembra di toccare il cielo» , ancor dicesti pensando al bello che viene e va. Non è vero, amica mia, in te solo amor puro esiste, ascolta la tua anima, «fa sussultare chi la guarda» . Grazie Gabriella per avermela ridata come sempre nitida nel volto, dolce nel sorriso dei tuoi versi luminosi. «Vieni incontro a me, allontana da me quest’ansia crudele», dov’è «l’aurora», mi dice, «nel mio dolore?». «L’Aurora dalle braccia di rosa», «amata mia compagna», dov’è? Sei tu, dolce Saffo l’«aurora dai sandali d’oro», e «tu, o Calliope», dolce poesia soave, «fanciulla dalla bella voce», anche tu mi giungi per guarirmi. Saffo a parte, Maria Gabriella pur m’avvince e mi fa parlare di poesia facendomela vedere come io la voglio nella spiritualità che nel bello trova conforto. Donna virtuosa com’è, Gabriella ci accompagna verso «lidi» dove «il tempo» «nella notte» «scorre lento» «come il mio cuore», lei dice, sorridente al canto delle lucciole dai brividi silenti. «Bellezza crudele/ perché mi rendi oggetto d’amore/ per chi non amo né mi è concesso amare?». Ciò leggo in Elena e Paride dopo Saffo e Faone. Stupenda immagine, questa, incanto se vogliamo, e nulla più forse. Nient’altro so dire, è qui il dramma di chi non può amare pur essendo amato. Il bello cattura a volte su amor sorvolando. È chiaro il senso? Poesia come filosofia quella di Gabriella. Ma, come posso chiamarti «amore» se «resa» m’hai «inumana»? «Mi persi perdendoti/ e vago fin dove mi spinge il delirio». «Legai il mio velo bianco/ sulla punta aguzza di un albero spoglio/ e piansi a lungo». «Mi lacerai le guance», «aumentava l’affanno». «Fissai il tuo volto, le vele/ e infine, il mare». Questo leggo nelle Heroides. Sì, «il fuoco brucia/ nella notte buia» e tu «solo a te stesso» «appartieni». Nelle Heroides questo è detto. Ma tu, «straniero che ho chiamato Amore/ perdona la folle illusione/ il senso di tanto dolore». Amore come straniero, dunque, in Briseide ed Achille. Perché mai? Scoprilo tu, amico caro, se mi leggi. Posso solo dirti che Omero cattura alla maniera di Saffo. Ah, «se potessi recidere i nodi/ che allo sposo m’aggiogano»! È ciò in Elena e Paride. Eppur «pensarti non oso/ al mio fianco, senza tremare», dice Briseide, e Didone anche parla di «cuore crudele» . Il «grembo di donna/ che per te già fioriva d’amore materno/ conoscerà la tua spada», dice. Perché tanto male al mondo, mi domando? Ma io «bella sarò/ se tu m’amerai com’io ti amo», dice Fedra. Nella mitologia scorgo la verità in amore, sempre quella in tutti i tempi, ma mi dice che poesia può tutto, anche cambiare il mondo, poesia come missione di vita per intenderci, perché poesia è «sacralità» e, se così è, deve agitarti dentro e suscitare emozioni «che altro non dicono se non di aura possente e luminosa gioia, di amore come folgorazione insomma», come dissi un dì pensando al bello quando osa mostrarsi agli altri per far vedere il suo essere con l’uso della contemplazione perché – come sempre dico – bello chiama bello. Ebbene, Maria Gabriella mi porta ad amare il bello sempre più, la sua poesia cattura per davvero, mi porta a usare l’anima in un processo meditativo e di estrinsecazione per cui pur io m’affido ai versi in quanto spinto da lei a farlo per quell’uso della parola che m’avvince. Comprendo – in quest’ambito che cattura meraviglie e dona sorrisi – che la conoscenza è nell’anima per cui va esplorata per darla al mondo come bene. Leggi Pensieri inversi e ne hai conferma. «Caddero le stelle dal cielo/ e s’infransero in mille sbadigli», dice Gabriella, perché «i poeti cercarono invano tutta la notte/ il senso del proprio essere/ altrove» pur nei momenti per me strani, per me che vivo nel crepuscolo dei sogni vaganti questo accade. Oasi di luna in mar di stelle, trovo in Gabriella lo spirito che sublimizza amore e lo dico non per elogiare ma per significare riconoscenza allo spirito creativo. In lei è veramente poesia salvifica, anima d’amore insomma. «Il silenzio ha nel petto/ tutte le torce spente del cuore» , dice Éluard, e ha ragione. Ogni «riso perde ormai i suoi colori» perché «i folli lo divorano» . «Gli occhi riarsi del bosco» «strappano al vento le piume» , dice ancora Éluard, e più con lui oltre non vado. Nei ghirigori d’una stupenda aurora improvviso m’appare, perché mai?, E.A. Poe quasi per acquietarmi lo spirito. «Non mi dava spavento quel terrore», «anzi un trepido diletto», «un diletto che miniere di gemme» «mai potrebbero indurmi a definir qual era» «e neanche Amore», «foss’anche l’Amor tuo» . Bravo Edgar, sei fantastico!, ma è più in Gabriella la vera essenza poetica. Considero messaggera di luce la sua poesia e forse più vera della tua, Edgar, che nel travaglio trova l’esistenza. È il mio modo di vedere le cose in quest’ambito di luce torturata dal sole, non è più lui infatti. Tu invece, Gabriella, parli di «miele e carezze sulle piaghe». Ah, «se sapessimo costruire sorrisi/ risvegliare anime sommerse e spiriti assopiti»! È vero, «ci sono giorni neri in cui t’arrendi», ma tu «corri nel vento e lancia con forza» il tuo spirito guerriero contro l’odio che di sicuro rovina, contro il male che è nel mondo. «Centrare il bersaglio è questione di mira», sappi che la vita «ti appartiene», tu «vivrai» «finché sarai Poesia» . Ma cos’è poesia, poesia cos’è ?, sempre mi domando. È anima, mistero, sacralità, anima come soffio di Dio, aura come mistero, dunque, come ciò che non si può ben capire né definire «nell’esattezza della sua profondità interiore». Per me questa è poesia. «E se la bellezza è ciò che piace alla mente, siamo nel campo dei valori, perché mente e pensiero si equivalgono per quel che mi sovviene pensando a Leopardi. Perciò dico che poesia è catarsi alla luce del filosofico sapere» . E «se la bellezza è idea, bellezza e verità sono la stessa cosa» non potendo il bello essere vero in stesso . È necessario quindi esplorare l’anima per farla meglio conoscere onde comprendere il dono dell’esistenza nelle varie fattezze del suo essere come verità, con l’esercizio della ragione. Capirà così l’uomo, capirò io così perché sono, perché siamo venuti al mondo. Sì, «lui tornerà nella casa da restaurare con cura/ e l’angelo dalle ali smussate verrà spolverato/ di quel velo sottile che il tempo utilizza per vestire/ le cose». Sì, «ho bisogno di un sogno diverso/ ho bisogno di un verso/ riverso», «esiste ancora/ da quella parte/ l’armonia del mondo». Questo tu dici, e a buon ragione, cara Gabriella, e forse così il tuo estro avvicini al sacro senza scomporti. Quando parli nei tuoi occhi mi porti con la maestria del silenzio e trovo spazi nel tuo essere inquieto talvolta, di struggente splendore che «l’odioso dolore» trafigge, annulla, porge nel vuoto. E t’avvicini a Wilde in questo dire inconsueto e fragile a volte perché non hai fatto del tuo cuore un «cuore di pietra», non hai viaggiato dove «la Bellezza è una cosa sconosciuta» anche perché «la primula, quello scudo d’oro piumato di bianco,/ seguiva con gli occhi assorti il vagare del sole» . Ed è quello che fai tu nella consapevolezza dei poteri del tuo spirito, della tua anima ansiosa «di esistenza e trascendenza e ancora dell’essere come verità» , perché «i fiori», come dice Wilde, «a volte guariscono/ l’angoscia di un uomo». La conoscenza si acquisisce infatti con lo studio dell’anima, di quella non ancora esplorata «che sa di luce nell’ambito delle angeliche creature che sono il bello puro, l’estasi divina raggiungibile con la volontà dell’io nell’evoluzione del suo essere nel dominio del bene necessario per il progresso intimo dell’anima» quale passaggio «dall’indistinto al distinto», come Ardigò dice. Per Wilde c’è «profondo silenzio dove le ombre cessano/ tranne per un grido che stridulo echeggia» . Maria Gabriella sostiene che «le parole una volta pronunciate appartengono a chi le comprende» ed è vero, soprattutto se si tratta di poesia ermetica. È il motivo per cui per capire Wilde devo amare poesia quale linfa guaritrice, sostanza intellegibile in grado – in quanto pensiero – di creare il visibile nella voglia di dare al mondo bellezza coi poteri dello spirito. Poesia è perciò bellezza che raddrizza l’anima quando è presa dal male. E anche per capire te, Gabriella, devo amare poesia perché poesia è verità, è sfogo di anima folgorata dal bello e la verità – che a te appartiene – è una e basta, è cioè poesia. «Era l’autunno e mancava poco all’imbrunire. Soffiava il vento e nei campi c’erano ragazzi che lanciavano in cielo aquiloni legati a lunghi fili» . «Mi rivedo ancora oggi sulla strada che va a casa dalla stazione», «al nostro villaggio, vicinissimo alla città, si arriva passando per i campi», dice Kundera. Le meraviglie del cielo nell’ambito della struggente primavera? No, perché qui l’arte diventa – nell’umana volontà – pensiero edificante per i poteri della mente, virtù intellettiva come forza che si realizza nella materia in comunione con lo spirito che crea pur non avendola in sé. Perciò «respira l’aria forte e cerca le occasioni/ che poi c’è sempre un treno che parte alla stazione/ puoi scendere o salire, cedi alla tentazione/ di non fermarti mai ovunque tu sia giunto/ perché sei l’infinito e non soltanto un punto» . «Ricorda che sei libero e schiavo di nessuno» . Messaggio utile al mondo, questo, che mi riconduce a Kundera, non so perché, forse per quel vento che soffiava «nei campi» con gli aquiloni che andavano «in cielo». Progresso, quindi, di vita nella pagine dello scrittore che ritrovo in Maria Gabriella giustamente nel chiarore d’un sogno non più sogno proposto al mondo e alla vita in una sensibilità d’animo che sa di umanesimo come rivalutazione dei valori dell’essere, condizione necessaria per un ordine da raggiungere negli intenti progressivo. «È come condurre l’uomo all’esperienza del tutto per rinunciare alla finitezza delle origini» , se ho ben capito. Poesia dunque, quella di Maria Gabriella, espressa in una logica come arte del discorso, direi dialettica, sobria e persuasiva, frutto di analisi approfondita che garantisce l’autenticità del giudizio detto in forma dialogica, talvolta. «Io vi insegnerò/ quanto prezioso/ sia ciascuno di voi/ sulla Terra/ e vi aiuterò a riconoscervi./ Così ognuno saprà/ il nome dell’altro/ e il proprio/ e vi chiamerete per nome/ con tenerezza e rispetto» . «In generale, si ritiene che la valutazione basata sull’affetto abbia una natura associativa» , dice il Bonini, soprattutto oggi che viviamo in una società in grado di manipolare il valore affettivo, qualunque esso sia. Ma tutto dipende da noi. «Nessuno potrà/ togliervi/ ciò che voi siete/ nel vostro animo», «nessuno potrà comprarvi né farvi disprezzare», «se sarete consapevoli del vostro valore» . Per de Judicibus, come anche per me, meditare nell’anima significa riscoprire la verità che in fondo ha bisogno di mostrarsi al mondo come bene, con l’aiuto di poesia, in questo caso, poesia filosofica, dunque, quella di Maria Gabriella. L’anima, come sempre dico «o il pensiero che è ragione, assume nell’invisibile le forme del bello metafisico, catartico e intellettivo magnificato dal bello incorporeo che è Dio, massimo Bene massimo Bello» . «O Tu principio e fine di tutte le creature/ tormentami se ti piace, carezzami se ti piace!» , dice Khayyàm, affidandosi alla Sua volontà, rinunciando alla «Miseria» che un dì – per Gabriella – «bussò alla porta/ e gli uomini distratti le aprirono senza pensarci». Fantastica allegra malinconia nel profondo respiro degli anni ruggenti – a volte – negli orizzonti di ghiaccio e pur speranzosi all’ombra dei mormoranti fiumi. Non è possibile, addirittura viole spezzate nascono in noi per trovare il freddo nei freschi impossibili baci sulle scogliere dei luoghi d’amor deliziosi. E sospirosi affanni s’intrecciano e vanno nel vuoto dei ricordi avidi di cielo. «Intorno a noi esiste solo questo pesante muro» irto di petali bianchi, bagnato dalle acque delle invadenti lune. Nell’animo del poeta son occhi che sanno di pianto? «Il tramonto/ che incendia il mio cielo», bellissimo il verso di Gabriella!, mi fa a questo pensare, e poi «quel muro di cinta» che «circonda» «la vita» di quell’uomo, di quel ragazzo… «Chi ha eretto quel muro/ mi chiedo e quando?» . «Che se ne dirà nei cieli che vedono una sola virtù/ far frutto» nella solitudine dei pensieri silenti?, e, «chi può salvarsi in una sola vita» in cui «né la forza/ né il tempo di vivere per la verità» diventa motivo (ragione) di speranza? Ma «chi sono e chi ero» pur sempre «mi chiedo» . «Ditemi, cos’è un pensiero?», si domanda Blake. «Non pensare di poter singhiozzare un singhiozzo/ senza che il tuo Creatore ti sia vicino» né di «poter piangere una lacrima/ senza che il tuo Creatore ti sia accanto» . Ed è così perché – come dice Gabriella – «intorno fantasmi e fardelli» trovi, «brandelli di cose iniziate/ e lasciate/ senza esser finite», ombre di coralli sciolti nelle spelonche dell’oblio. Ma «un frammento d’eterno ogni lieve respiro racchiude, in sé perfetto,/ e già visto, già udito, già franto nella teoria ininterrotta/ dei giorni, dei mesi, degli anni, di tutta una vita/ di più vite insieme» . Stupenda immagine nel frastuono di quei «lampi di luce» di cui dice Gabriella. «La mia vita fugacemente alita attraverso i giorni,/ si conclude presto e poi di nascosto sfocia/ nel regno della nostalgia e dell’eternità» . Eppure, «al di là della montagna/ la pallida luna sparge la sua luce,/ là nell’eterna notte/ abita la mia giovinezza» . «Fragile è l’essenza/ della vita/ e ancor più caduco/ il suo valore», dice Gabriella. «Un raggio sono della luce, una foglia sull’albero» , sostiene Hesse. Potrei perciò «prendere tra le mani/ la tua vita/ e riavvolgerla piano/ come il filo di seta/ di un bozzolo d’oro/ prima che tutto accada/ e ogni cosa abbia fine» . E «ti amerò com’è giusto che sia/ con la leggerezza d’un bacio/ non richiesto e più gradito», «allontanandomi, senza perderti». Poesia che travolge e avvolge in Gabriella, una meraviglia nei valori dello spirito, ricerca di pensiero sull’essere, processo conoscitivo che conduce all’estasi, filosofia che ricopre il bene nella verità come valore, positività che appartiene al bello. Perché io «al mondo venni» con «l’alba nei tuoi occhi» . Nelle piccole cose è allora amore, amore che le fa grandi perché grande è amore, dissi una volta. «È un procedimento per il quale ci portiamo nel misterioso mondo ov’è solo splendore di stelle, cioè umiltà e non vanità, insomma solo amore» . «Tutti i pensieri, tutti i cuori sono dolcemente inteneriti, e pongono questioni piovose, e aspettano e ascoltano per tutta la notte» . Sì, Kerouac mi fa capire che pensiero è ragione e pensiero insieme in un gusto simbolista come poesia pura. Ma adesso torno a te Gabriella, come non potrei!, «allontanandomi, senza perderti». Che vuol dire? È tuo il verso. Lo colgo nella bellezza dell’anima come essenza di vita, meglio forse come illuminazione che schiude alla comprensione di un’idea che la poesia ermetica risolve. «Un pensiero sospirar quiete», direbbe Carducci, il cui significato nel verso «che proponi» «aleggia lieve» come canto d’amore «in una foresta/ dove il muschio attutisce ogni foglia che cade» . «Non c’era la luna, ma cominciavano a spuntare le stelle» , direbbe Virginia Woolf. Credo che il senso sia chiaro. Ma presto s’allontana «lo spirito leggiadro/ con un mesto sorriso» , sostiene Hermann. «Ci sono giorni in cui non dormi/ in cui non torni/ ti guardi nello specchio e si frantumano/ tutte le immagini/ come parole su di un foglio senza margini» «come quando il cielo si rannuvola/ senza una lacrima di pioggia che ti /possa far coraggio» . «E tutto ciò che brucia è nel tuo cuore/ e non è amore non è passione/ non è emozione forte dirompente/ è cenere fumosa più che niente», «è mano che non vuole accarezzare/ orma da cancellare/ vita da scordare/ frammento da non ricomporre» . E intanto «fugge il tempo, ancora fugge, e nessun sogno/ sorge splendido come io lo vorrei» . «Chi si pensò tua compagna» «non era che misera schiava» . Nell’originale stile – suo – sobrio ed elegante, alla maniera di Keats, credo, Gabriella riscopre nella luna che «illuminava la spiaggia» momenti di fragile speranza. «La sabbia – dice in Arianna – rallentava la corsa» «e aumentava l’affanno». A volte le apparizioni della luna sono fugaci come il guizzar dei lampi nelle notti d’estate, ma l’estro del poeta s’affaccia sempre nell’infinito, in questo cielo che forse vedrà la fine. «Quanto piace al mondo è breve sogno», dice il Petrarca. «Qual vaghezza di lauro?, qual mirto?», per il poeta. «Solo la lucente luna nella primavera dei sogni tranquilli allo sbocciar della candida aurora? No, c’è l’immenso ancora da raggiungere, con la memoria che non teme la tenebra. E per far questo ci vuole poesia» . Rocco Aldo Corina
Rocco Aldo Corina: Osservatorio Poetico Salentino
LA SVOLTA- Romanzo storico di Luigia Cappello de Judicibus Un romanzo che narra, con uno stile agile e avvincente, la storia della generazione dei liceali appartenenti alla piccola borghesia leccese, durante il periodo fascista. Convinzioni e miti dovranno fare i conti con una guerra inutile e ingiusta, che strapperà alle famiglie tanti ragazzi, frantumerà ideali e porterà tutti, faticosamente e dolorosamente, verso una nuova era. Personaggi nei quali è facile identificarsi e che inducono il lettore a riflettere sulla nostra storia e sul nostro futuro, senza per questo rinunciare a intraprendere un viaggio nel passato. Un libro che dovrebbe essere più conosciuto dal grande pubblico e specie dai giovani. Un libro che, a mio modestissimo parere, potrebbe trovare degna collocazione tra quelli utilizzati nelle nostre scuole per la formazione dei cittadini di questa parte del mondo.
Dott. Onofrio Lamanna