Chiamiamo difficile ciò che non capiamo.
La dispersione scolastica continua a segnalare il malessere di una scuola che è ancora lontana dalla società e dai suoi bisogni.
Prima di parlare di ragazzi difficili, infatti, dovremmo comprendere che “difficile” è il compito dell’ educatore, di colui che deve rimboccarsi le maniche per comprendere ed amare perché ciò che non si ama, non si comprende e non si vuole comprendere.
Il mio percorso di insegnante è iniziato con la scuola media di Melissano, un comune, in provincia di Lecce, finibus terrae, nel profondo Sud, raggiungibile, all’epoca, solo dopo aver attraversato cinque altri Comuni interposti sul tragitto che collega il capoluogo a Capo S. Maria di Leuca, estremo lembo d’Italia, poco distante da Melissano.
Ricordo che mi assegnarono una classe a tempo prolungato, numerosissima, formata prevalentemente da ragazzini dialettofoni, poco “scolarizzati”, “obbligati” anzi alla scuola ed alle sue “costrizioni”.
Dal desiderio di comprendere i bisogni cognitivi ed affettivi dei miei alunni, le ragioni del loro rifiuto per un’istituzione sentita come qualcosa di “estraneo” e di imposto e per la necessità di onorare la professione che avevo scelto e per la quale avevo studiato una vita, assunsi l’impegno di cercare e trovare un itinerario che mi consentisse di raggiungere il loro cuore e la loro mente e soprattutto attraverso il quale fosse possibile aiutarli ad aiutarsi, a stimarsi, a considerarsi cittadini del mondo con il diritto-dovere di progettare un futuro di successo.
Con me, in quell’avventura, un’amica-sorella[1] per affinità elettive e per scelte di vita parallele: il giornalismo, l’ideazione e la conduzione di programmi d’attualità sulle nascenti emittenti radio e televisioni “libere”, una laurea con specializzazione nel sociale lei, in psicolinguistica io; a legarci, il fil rouge di una fede incrollabile e viscerale nella comunicazione come strumento democratico di sviluppo e formazione e lo stesso concorso a cattedra con identica destinazione: Melissano.
Nacque da tutto questo: bisogni degli allievi da un lato, risorse territoriali e competenze umane dall’altro, un percorso completamente interdisciplinare che si trasformò in progetto di classe e poi, attraverso la riflessione teorica e l’apporto dell’Università e degli Enti territoriali allora preposti all’istruzione ed alla formazione, in strategia metodologico didattica. Il nostro “modello” si denominò “itinerario a stella” e fu presentato nel corso del XXV°Congresso Geografico che si tenne a Catania, nel 1989[2], come esempio di percorso didattico in cui la Geografia ( di cui rimpiangiamo la mancanza nel biennio delle scuole superiori) riacquistava il suo “senso” nell’accezione di scienza che indaga il territorio antropico e che consente alle altre scienze di trovare unità e complementarietà nello spazio vissuto dalla comunità e dal singolo. Io e Ornella Garrisi diventammo per i nostri allievi la guida necessaria per “riscoprire” se stessi, le proprie risorse e quelle del territorio nel quale esse erano inscritte e non necessariamente “circoscritte”, poiché siamo sicuramente figli di una storia più antica di noi che dobbiamo conoscere bene per poter, autonomamente, scrivere la nostra ed effettuare le nostre libere scelte.
Già nel 1987, a distanza di oltre vent’anni da oggi, utilizzammo espressioni come “vissuto personale dell’allievo”, “indagine sul territorio”, “ operatività applicata”, “dal vicino al lontano”, “riflessione sulla lingua” e soprattutto “interdisciplinarietà per l’unità del sapere”, “compresenza e laboratorio”, dando a ciascuna di queste espressioni, il valore altissimo di metaconcetti, ovvero concetti didattici in grado di cambiare la prospettiva dell’insegnamento-apprendimento, effettuando una rivoluzione copernicana, ribaltando l’interfaccia e partendo dall’allievo, dalla sua persona, dai suoi valori per aiutarlo ad allargare sempre più i confini del proprio vissuto, attraverso la cultura intesa proprio come conoscenza e consapevolezza.
[1] Ornella Garrisi, con cui l’Autrice ha pubblicato:
“Itinerario a stella: una proposta metodologico-didattica” Adriatica Editrice Salentina, Lecce 1987
In XXV Congresso Geografico Italiano (Taormina 1989); in “scuola e Didattica” (Ed. La Scuola, Brescia 1990); in Scuola e Lingue Moderne (ANILS 1990)