DE FINIBUS TERRAE...
Otranto, Santa Cesarea Terme, Uggiano La Chiesa, Miggiano, Ruffano ...
Capo d'Otranto, o Punta Palascìa, situato nel territorio comunale di Otranto, è il punto più a oriente d'Italia. Secondo le convenzioni nautiche, questo luogo è il punto di separazione tra il Mar Ionio e il Mar Adriatico. Il litorale, esteso per circa 25 km, si alterna a lunghi tratti sabbiosi, specie nella parte settentrionale, a tratti rocciosi a picco sul mare. Confina a nord con i comuni di Melendugno e Carpignano Salentino, a ovest con i comuni di Cannole, Giurdignano e Palmariggi, a sud con i comuni di Uggiano la Chiesa e Santa Cesarea Terme, a est con il Mare Adriatico.
Il territorio fa parte delle Serre salentine. La litoranea a sud in direzione Porto Badisco è caratterizzata da piccoli tornanti che si snodano tra il brullo paesaggio costiero, mentre a nord si erge dolcemente la Serra degli Alimini dalla quale si gode di un paesaggio rigoglioso dove si può ammirare il lago Alimini Grande circondato dalla vegetazione. Il centro urbano sorge nella Valle dell'Idro, piccolo ruscello il cui percorso si snoda interamente nel territorio comunale e che sfocia nel porto, nei pressi dei giardini pubblici.
Dall'ottobre 2006, parte del suo territorio rientra nel Parco Costa Otranto - Santa Maria di Leuca e Bosco di Tricase, istituito dalla Regione Puglia allo scopo di salvaguardare la costa orientale del Salento, ricca di beni architettonici e di specie floreali e faunistiche.
Otranto è un comune di 5.724 abitanti situato sulla costa adriatica della penisola salentina. In epoca romana Otranto era conosciuta come Hydruntum, dal nome del torrente Hydrus nella cui vallata sorge la città. E’ il comune più orientale d'Italia: il capo omonimo, chiamato anche Punta Palascìa, a sud del centro abitato, è il punto geografico più a est della penisola italiana. Dapprima centro greco-messapico e romano, poi bizantino e più tardi aragonese, si sviluppa attorno all'imponente castello e alla cattedrale normanna. Nel 1480 la città fu espugnata dai Turchi (Maometto II), che fecero strage della popolazione durante la Battaglia di Otranto, uccidendo 800 persone: si tratta dei beati Martiri idruntini. I Turchi distrussero anche il Monastero di San Nicola di Casole (poco a sud di Otranto). In esso i monaci basiliani avevano costituito la più vasta biblioteca dell'allora Occidente oltre ad avere istituito la prima forma di college nella storia, che ospitava ragazzi provenienti da tutta Europa che si recavano a Otranto per studiare. Fu uno di questi monaci, Pantaleone, l'autore del monumentale mosaico pavimentale (il più grande in Europa) contenuto nella cattedrale. I Codici prodotti in questo monastero sono ora custoditi nelle migliori biblioteche d'Europa, da Parigi a Londra, da Berlino a Mosca.Sede arcivescovile e rilevante centro turistico, ha dato il suo nome al Canale d'Otranto, che separa l'Italia dall'Albania, e alla Terra d'Otranto, antica circoscrizione del Regno di Napoli. Nel 2010 il borgo antico è stato riconosciuto come Patrimonio Culturale dell'UNESCO quale Sito Messaggero di Pace. Fa parte del club I borghi più belli d'Italia.
Santa Cesàrea Terme è un comune di 3.027 abitanti situato sulla costa orientale della penisola salentina, all'imbocco del Canale d'Otranto,e rappresenta uno dei centri a maggiore vocazione turistica del Salento. È una stazione idrotermale. L'abitato di Santa Cesarea Terme è arroccato su un ripiano della scogliera che si affaccia sul Canale d'Otranto ed è attraversato dalla strada litoranea che collega Otranto a Santa Maria di Leuca. La località è caratterizzata dalla presenza di sorgenti termali di acque sulfureo-salso-bromoiodiche che sgorgano a una temperatura di 30° in quattro grotte denominate Gattulla, Solfurea, Fetida e Solfatara. Il mito pagano collega la genesi delle acque solfuree al disfacimento dei corpi dei giganti Leuterni, uccisi da Eracle. La versione cristiana vuole invece che Cesarea, o Cisaria, fosse una fanciulla con la precoce vocazione alla vita monastica. Il malvagio padre invece la voleva costringere ad accondiscendere ai suoi incestuosi propositi, e all'ennesimo rifiuto di Cesarea, egli la inseguì per ucciderla. Giunti in riva al mare la fanciulla, nascostasi in una grotta per sfuggire alle ire paterne, fu salvata dalle fiamme che avvolsero il padre, inghiottito poi dal mare. Bagnato ad est dal Mar Ionio, confina a nord con i comuni di Otranto e Uggiano la Chiesa. Lo sfruttamento delle acque solfuree e dei fanghi termali risale al II secolo a.C. e su questo oggi si basa l'economia della città.
Uggiano la Chiesa è un comune di 4.488 abitanti situato nel Salento orientale, nell'entroterra idruntino e comprende anche la frazione di Casamassella. Il comune aderisce alle Associazioni nazionali città del pane e dell'olio.Le origini di Uggiano la Chiesa non sono certe. Gli insediamenti umani comparvero già nella preistoria, come confermato dalla presenza di monumenti megalitici, quali dolmen e menhir, sparsi nel territorio circostante. La sua esistenza è segnalata nel periodo della colonizzazione greca e in epoca successiva il luogo fu frequentato dai monaci basiliani che realizzarono alcuni insediamenti rupestri, come ad esempio la chiesa cripta di San Solomo. La formazione di un abitato propriamente detto è da ricondurre ai profughi della vicina città messapica di Vaste, distrutta nel 1147 da Guglielmo il Malo. In origine si ipotizza fosse principalmente una torre di avvistamento a protezione della città di Otranto; negli antichi documenti era chiamata infatti "Viggiano", toponimo di derivazione latina "Vigilarum", col significato di "luogo di vedetta e di controllo". La Torre dell'Angelo è ciò che resta dell'originario avamposto di vedetta. È stata costruita nel secolo XVII e si affaccia sulla piazza principale di Uggiano, tra le vie Santa Lucia e Casamassella. La torre è stata dichiarata patrimonio di interesse storico-culturale. Quando l'esercito spagnolo si ritirò cedette la proprietà della Torre ad un suo capitano stabilitosi ad Uggiano la Chiesa. Dal 1968 appartiene alla famiglia Siciliano. Ora è abitata dalla famiglia Siciliano - de Marco.Intorno alla torre sorse in seguito un villaggio che nel 1219 l'imperatore Federico II donò alla Chiesa Episcopale di Otranto, che ne tenne il possesso ininterrottamente fino al 1806, anno di soppressione del regime feudale. L'arcivescovo ottenne così il titolo di "Baron Oggiani". Da "Viggiano" il nome si trasformò in "Uggiano" a cui venne aggiunto "la Chiesa". Tuttora si possono intuire queste vicende storiche nella iconografia dello stemma civico.
Miggiano
Il comune di Miggiano, situato nella parte centrale del Capo di Leuca ai piedi delle serre salentine, presenta una morfologia pianeggiante ed è composto in superficie da Calcari di Melissano formatisi nel Cretaceo superiore. La natura carsica del terreno favorisce la creazione di lunghi fiumi sotterranei che alimentano le falde acquifere. Se i documenti cartacei menzionano per la prima volta il villaggio di Miggiano nel 1182, gli insediamenti e i reperti archeologici presenti in loco fanno anticipare le origini del paese al periodo messapico o romano o addirittura all'età del bronzo, a cui risalgono i menhir e le grotte scavate nella roccia. Il primo insediamento abitativo vero e proprio è riconducibile però all'Alto Medioevo quando si rifugiarono nella zona le popolazioni provenienti dalla costa e da lì sfuggite in seguito alle invasioni barbariche e saracene. Più tardi, nel 1156, a queste popolazioni si aggiunsero le genti della città di Vaste distrutta da Guglielmo il Malo.
Nel 1190, in epoca normanna, il feudo di Miggiano fu donato dal conte di Lecce Tancredi d'Altavilla ad altri feudatari. Pesantemente saccheggiato e distrutto nel 1480 dai Turchi e quattro anni più tardi dai Veneziani, il casale subì una drastica diminuzione della popolazione. Nel 1486 fu assoggettato alla Chiesa di Castro il quale ne detenne il controllo fino al 1818 anno in cui fu soppressa la Diocesi di Castro. Passò quindi al Vescovo di Otranto finché nel 1866 venne incamerato al Regio Demanio.Nonostante l'appartenenza alla Diocesi di Castro, prima, e a quella di Otranto, dopo, la giurisdizione ecclesiastica appartenne sempre alla Diocesi di Ugento.
Palazzo Vernaleone, costituisce una delle più importanti dimore storiche del paese. Edificato tra il XVII secolo e il XVIII secolo, non conserva molto della struttura originaria a causa dei numerosi rimaneggiamenti susseguitisi nei secoli fino alla prima metà del Novecento. Il palazzo, posto un tempo lungo una delle vie d'accesso all'abitato, era l'abitazione del fattore incaricato di gestire i proventi delle proprietà terriere ecclesiastiche. La collocazione strategica consentiva di sorvegliare i contadini, di ritorno dai campi, e di registrare e immagazzinare il raccolto. Nel XVIII secolo divenne dimora della famiglia Vernaleone, nella veste di amministratori di giustizia della zona.
Ruffano
Il territorio del comune di Ruffano, che si estende per 38,82 km², è situato al centro del basso Salento. Il centro abitato sorge a 127 m s.l.m. sui modesti rilievi delle serre salentine caratterizzanti gran parte dell'intero territorio comunale che risulta compreso tra i 96 e i 179 m s.l.m. La Serra di Ruffano, ricca di vegetazione tipica della macchia mediterranea, ospita numerose grotte e anfratti naturali, alcuni dei quali abitati sin dall'età paleolitica e riconvertiti in luoghi di culto cristiano dai Basiliani. Notizie certe sulla nascita del primo villaggio si possono avere a cominciare dalla caduta dell'Impero romano d'Occidente in poi, quando la Terra d'Otranto dovette subire, dal V all'XI secolo, un lungo periodo di guerre e distruzioni ad opera dei diversi popoli che si avvicendarono nella penisola salentina (Barbari, Saraceni, ecc...) Questo stato di soggezione e disagio durò anche sotto il Principato di Taranto, a cui Ruffano appartenne sino al 1463. In seguito divenne feudo dei Ruffa, dei Colonna, degli Antoglietta, dei Falconi, dei Filomarino, dei Brancaccio e, in ultimo, dei Ferrante che diedero notevole lustro e prestigio alla città.
Le ipotesi circa le origini del nome sono due: "...da un centurione di nome Ruffo il quale ebbe in sorte questa terra con l'occupazione romana del Salento"[6] oppure, secondo le ipotesi sostenute dal vescovo Giuseppe Ruotolo, dalla voce italica Rufus o Rubus o, più probabilmente, dal latino Rubis, per il fatto che questo luogo era pieno di rovi o anche di frutti.PRESICCE
Situato nel basso Salento, aderisce all'Associazione Nazionale Città dell'Olio ed è conosciuta anche come la "Città degli ipogei", per la presenza di numerosi frantoi sotterranei. Inoltre a partire dal 2011 è entrato a far parte dell'associazione i Borghi più belli d'Italia Il centro abitato, posizionato in una vallata particolarmente ricca di acqua, è dominato dalla Serra di Pozzomauro, un'altura organizzata in terrazzamenti e muretti a secco lungo i pendii e ricoperta di macchia mediterranea, distese di uliveti secolari, pini e specie arbustive di querce spinose.
Confina a nord con i comuni di Acquarica del Capo e Specchia, a est con il comune di Alessano, a sud con il comune di Salve, a ovest con il comune di Ugento.
La storia delle origini di Presicce non è ben delineata. Probabilmente fu la grande presenza di falde acquifere superficiali ad attirare i primi insediamenti, che sembrano risalire intorno al VII secolo. Lo stemma di Presicce, un cervo che beve da una fonte, sembra ricalcare questa abbondanza di acqua nel territorio presiccese.
Dare una precisa derivazione al nome "Presicce" è una impresa non poco facile. La mancanza di fonti storiche accreditabili ha favorito la diffusione di leggende, fantasticherie e addirittura storie miracolose riguardo alla sua origine. Molti pensano che il paese fosse un presidio romano; il termine deriverebbe appunto da "Praesidium". Particolare è la versione di chi sostiene che il paese fu originato da un miracolo di S. Ilarione, il quale, pregando, in un periodo di carestia, riuscì a convincere il Padre Celeste ad ottenere una fonte d'acqua per gli abitanti. La fonte più attendibile comunque, è Giacomo Arditi, storico locale, il quale afferma che l'etimologia del termine sia "Praesitium" "Praesitio", "Presicce". La causa che determinò la nascita del paese fu il bisogno di acqua, che spinse a valle gli abitanti del casale di Pozzomauro e dei vicini, quali Specchiano, Ugento, Pompignano.
Alcune fonti affermano che la fondazione vera e propria del borgo sia stata opera degli abitanti di Pozzomauro un insediamento individuato sulla collina a sud-ovest dell'attuale centro abitato. Di questo insediamento rimangono ancora ben visibili le rovine di un'antica torre usata come difesa dalle invasioni dei saraceni, una cripta basiliana scavata nella roccia e una chiesetta dallo stile molto essenziale. Nel 1481 i saraceni invasero Pozzomauro distruggendolo. Anche le origini del nome del paese sembrano legate a questo insediamento, si pensa infatti che Presicce derivi dalla parola latina 'praesidium' come ad indicare un presidio militare.
Nel 1088 Presicce entra a far parte del Principato di Taranto, da qui si sa che il feudo passò tra le mani di diverse famiglie nobiliari tra cui i Securo, i De Specola, i Gonzaga, i Brayda ed ai Principi Bartilotti. Nel 1714 il feudo venne elevato a principato ed affidato successivamente ai de' Liguoro.
Una storia di sangue è quella legata alle origini del termine "Mascarani", soprannome degli abitanti di Presicce. Un tempo nel principato seicentesco era in vigore la legge dello ius primae noctis, ovvero un presunto diritto del feudatario, mai documentato, di passare con le novelle spose la prima notte di nozze fino a che una notte, durante il carnevale dell'anno 1655 secondo la leggenda (nella realtà l'episodio avvenne in novembre, durante la festa del santo patrono, sant'Andrea apostolo), il principe si affacciò da una finestra dell'antico Castello per salutare i festosi cittadini, quando tra la folla apparve un uomo mascherato che sparò un colpo, uccidendo il principe. Proprio da questo episodio scaturisce il soprannome degli abitanti di Presicce, Mascarani. In seguito all'avvenimento delittuoso perpetrato da un abitante del luogo, i de' Liguoro acquistarono il principato approntando una riforma agricola con la redistribuzione dei terreni in enfiteusi ai contadini e installando una serie di frantoi atti alla produzione d'olio d'Oliva esportato a Napoli ed in Spagna.
La chiesa della Madonna di Loreto, meglio conosciuta con l'espressione dialettale di Madonna del Rito o te lu Ritu, è una piccola chiesetta rurale di origine basiliana situata sull'altura della Serra di Pozzomauro. La piccola costruzione presenta una facciata a capanna terminante con un piccolo arco, sede di campana rubata nel 1950. L'interno, ad aula rettangolare con volta a botte, presenta un modesto altare sul quale campeggia l'affresco di una Madonna col Bambino fra angeli.
Alle spalle della cappella è situata una cripta bizantina trasformata in seguito in frantoio ipogeo come deducibile dai resti di una macina per la molitura delle olive. L'ipogeo è noto col nome di San Mauro e i dipinti frammentari si possono datare tra il XII ed il XIV secolo. Gli affreschi ancora visibili sono concentrati nella navata di destra; si tratta di sette figure sacre e di una scena dell'Annunciazione
MONTESANO SALENTINO
Le origini del centro potrebbero risalire al XIV secolo quando alcuni coloni vi si stabilirono attirati dalla fertilità e dalla salubrità del territorio. Come attesta il toponimo, l'abitato fu edificato su una piccola altura in modo da preservare gli abitanti dalla malaria. Il feudo appartenne nel corso dei secoli a varie famiglie: i primi ad ottenerne il controllo furono gli Acquaviva d'Aragona ai quali succedettero i principi di Cassano ed infine la famiglia Marulli la quale era proprietaria del Marchesato di Specchia e Campomarino. Nel 1928 venne aggregato al comune di Miggiano dal quale riacquistò l'autonomia amministrativa nel 1947.
Padula Mancina è una zona acquitrinosa situata ad ovest del paese in direzione di Ruffano. Rappresenta un residuo di una vasta area palustre in gran parte oggi bonificata. L'area ospita importanti elementi di interesse naturalistico ed è costituita da uno stagno con superficie di appena 2,5 ettari. È soggetta a periodici allagamenti dovuti alla raccolta delle acque meteoritiche che qui vi convogliano attraverso alcuni canali. Mediante un'indagine effettuata durante la primavera del 2005 si è analizzato e censito le specie vegetali e faunistiche che caratterizzano la zona in questione. La flora è quella palustre costituita in prevalenza da canneti (Arundo donax, Phragmites australis) insieme al vilucchio bianco, alla lisca lacustre, al giaggiolo acquatico e alla Typha latifolia. Presenti sono anche gli arbusti della macchia mediterranea. Interessante è la segnalazione di una specie di felce, Marsilea strigosa[5], che si credeva confinata alla Sardegna. Tuttavia la sua presenza è sporadica della zona peninsulare. Numerose sono anche le specie animali che vivono o stanziano per qualche breve periodo dell'anno: rospo smeraldino, raganella, biacco, cervone, colubro leopardino, ramarro, lucertola campestre, geco di Kotechy, talpa, garzetta, airone cenerino, tortora, rigogolo, rondine, rondone, tordi, fringuello, storno, gallinella d'acqua, civetta, gufo, barbagianni, upupa, gheppio, gazza.
Negli antichi documenti il casale viene denominato Juianellum. L'etimologia potrebbe derivare da Giuggiola, supponendo che in passato ci fosse una vasta tenuta di Giuggili (Zizyphus jujuba). Altre ipotesi rimandano l'origine del nome al centurione romano Giuggianus o a un comandante che si stabilì nel territorio in seguito alla conquista romana del Salento. Più probabile l'ipotesi che il nome derivi da Joannellum, dal latino Giovannello (piccolo Giovanni) al quale è attribuibile anche la Grotta di San Giovanni (Joanni). La traduzione del nome dialettale (Sciuvaneddhru), infatti, è alla lettera "Giovannello" e non Giuggianello la cui traduzione sarebbe Cicianeddhru che nulla ha in comune con le giuggiole.[5]
GIUGGIANELLO Il territorio fu abitato sin dal Neolitico come testimoniano i reperti archeologici rinvenuti nella grotta della Madonna della Serra e i numerosi monumenti megalitici sparsi nelle campagne (dolmen, menhir, ecc.). Nei dintorni di Giuggianello esistevano gli antichi casali medievali di Quattro Macine e Polisano, di cui restano solo poche tracce. Il casale di Giuggianello (Juianellum), situato a sud-est dei casali di Quattro Macine e Polisano, nacque nel IX secolo e si sviluppò in seguito alla distruzione della vicina Muro Leccese, avvenuta nel 924 ad opera dei Saraceni. I profughi muresi, in fuga dalla loro città, vi si stabilirono definitivamente determinando un significativo incremento demografico. Con l'arrivo dei Normanni, nel 1192 il casale venne incorporato nella Contea di Lecce retta da Tancredi d'Altavilla; successivamente passò sotto il controllo del Principato di Taranto. Nel 1434, sotto il governo di Giovanni Antonio Orsini Del Balzo, Giuggianello ottenne il privilegio della delimitazione del proprio feudo rispetto ai paesi limitrofi. Il primo feudatario fu Ugo di Bonavilla, mentre nel 1549 era di proprietà di Roberto Venturi. A contendersi il feudo ci furono nei secoli i Martino, i Basurto, i Guarini e i Veris. Nel 1641 venne acquistato da Giovan Battista Lubelli, il quale ottenne il titolo di Barone. Nel 1749, con l'estinzione della famiglia Lubelli, il feudo ricadde nel Regio Fisco e venne acquistato dalla Chiesa di Otranto che ne esercitò il controllo fino all'eversione della feudalità (1806).