Il sostrato arabo accomuna, sicuramente due danze tradizionali che riportano ad una storia comune: la pizzica e il flamenco. Dici Salento e leggi “pizzica pizzica”, dici Siviglia e leggi “flamenco”. Entrambe le danze nascono come espressione del sentimento popolare che diviene tradizione e cultura. La Pizzica Salentina ci riporta alla terra e al lavoro tra i campi, quando era vista e utilizzata come un rito terapeutico che , attraverso il ritmo forsennato del tamburello, poteva guarire da un male oscuro, dovuto al morso letale della taranta, un ragno velenoso, che pizzicava soprattutto le donne che lavoravano, a gambe nude, portandole ad agitarsi, saltellando, sulla punta dei piedi, per liberarsi dal fastidio e dal dolore, sollevando le lunghe gonne ed agitando scialli e fazzoletti per scacciare la fonte del male:la “tarantolata”ballava a ritmo di musica (violino e chitarra) fino a liberarsi completamente dal veleno. La pizzica è, dunque, una danza di libertà. Libertà dal male, da qualsiasi male, anche da quello inflitto da una società patriarcale alle donne, soggette ad una condizione di semi schiavitù, segregate in casa e costrette a matrimoni combinati, spesso senza amore. La pizzica, infatti, fa parte della famiglia delle “tarantelle” diffuse intorno al 1400, nel sud Italia con caratteristiche sociali e rituali comuni seppur nominate diversamente nei dialetti locali delle province di Lecce, Brindisi e Taranto. In comune, il tarantismo, una forma di isteria che come già detto, “colpiva” soprattutto le donne che lavoravano nei campi e che veniva ricondotta al “pizzico” di tarantole o scorpioni, il cui veleno, in realtà, senz’altro doloroso non può causare i fenomeni che caratterizzavano il “tarantismo”: isteria, forti disturbi emotivi, catatonia, insopportabili dolori muscolari. Simili le origini del flamenco che partono da lontano e si innestano nella cultura popolare del folklore andaluso.Il flamenco, infatti, è una danza che si è sviluppata tra i gitani come un modo di esprimere la tristezza delle loro vite oppresse, la cui storia proviene da racconti tramandati da padre in figlio. Il termine flamenco deriva dallunione delle parole arabe felag (contadino) e mengu (errante, fuggitivo), e entrò nelluso linguistico come sinonimo di Gitano nel secolo XVIII. Uno dei primi documenti scritti sul flamenco si trova in una delle Cartas Marruecas di Cadalso (1774), dove la musica flamenca viene esplicitamente attribuita ai gitani. Tra il 1765 e il 1860 si sviluppano tre focolai di evoluzione della musica flamenca, che crearono in seguito tre distinte scuole stilistiche: Cadice, Jerez de la Frontera, e il quartiere di Triana a Siviglia. Il primo flamenco sembra essere stato puramente vocale, accompagnato solo da battiti ritmici delle mani, e solo successivamente fu introdotto l’uso della chitarra. Durante il suo periodo d’oro (1869-1910) il flamenco si sviluppò nei numerosi caffè musicali (caffè cantantes) e dal 1915 in poi furono organizzati spettacoli di flamenco in tutto il mondo. Dici Siviglia, dici flamenco, questo poco ma sicuro. Nessuna visita della città può dirsi completamente soddisfacente senza assistere ad uno spettacolo di questa danza tradizionale che ha radici antiche. Così come l’architettura e il cibo, anche la musica e la danza sono aspetti culturali assolutamente da conoscere per immergersi nella cultura locale, per capirne fino in fondo tutte le sue sfaccettature. questa “forma d’arte” è nata qui in Andalusia, tra Cadice, Siviglia e Cordoba. Straordinari i nomi delle location dove il flamenco è dicasa: museo del flamenco, casa della memoria e così via… E a Lecce? Dov’è il nostro “museo della pizzica”? Dov’è l’accademia presso la quale l’ospite ma anche il normale cittadino possa fruire delle “lezioni” di pizzica? E il/i luogo/ghi dove la pizzica si balla SEMPRE:notte e giorno tra i tavoli imbanditi e, a piedi nudi sui tavoli vuoti, per strada o in piazza? Lecce “attende” la “notte della taranta”, una volta all’anno, come un evento tra gli altri, anzi, il più importante evento ma ciò snatura il senso della tradizione che vede questa danza interpretare i sentimenti più profondi della nostra cultura popolare che è folklore gramsciano, sangue e viscere, desiderio e lotta, sconfitta e vittoria, amore e morte. Riportiamo alle sue origini il mito e trasformiamo la nostra città aristocraticamente chiusa in una splendida donna che danza a piedi nudi la gioia dell’essere libera. Per approfondire: https://www.appulia.net/lecce/la-pizzica-salentina/ https://www.andalucia.it/flamenco/