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GIURDIGNANO: dolmen e menhir

GIURDIGNANO: dolmen e menhir
Situato nel Salento orientale, a ridosso del Capo d'Otranto, possiede una delle più grandi concentrazioni di dolmen e menhir d'Italia ed è per questo conosciuto come il giardino megalitico d'Italia Il territorio fu abitato sin dall'età del bronzo come testimoniano i numerosi monumenti megalitici sparsi nell'abitato e nelle campagne circostanti. Il centro fu anticamente un castello di Otranto ed ospitò un quartiere d'inverno dell'esercito romano. Segni della presenza romana a Giurdignano sono i resti di una necropoli di età imperiale del II-III secolo d.C. Con la dominazione bizantina del Salento, fu frequentata dai basiliani che introdussero il rito greco.
Con i Normanni, Tancredi d'Altavilla concesse il feudo a Niccolò De Noha e, successivamente, si alternarono molte altre famiglie di nobiltà feudale.
Il toponimo potrebbe essere di origine messapica; il termine era usato nel canto della guerra che le popolazioni intonavano prima delle battaglie, durante la preparazione del combattimento.  
Tra i monumenti più rilevanti ci sono la cripta di san Salvatore e l'abbazia di Centoporte.
La cripta di san Salvatore risale all'VIII-X secolo. Scavata interamente nel banco tufaceo, è impostata su una pianta a tre navate con absidi circolari e iconostasi. I quattro pilastri centrali quadrilobati dividono l'invaso in nove campate riconoscibili anche per la diversa forma delle coperture. Il soffitto è caratterizzato da volte scolpite in maniera tale da simulare una cupola con croce greca nell'area presbiteriale e un rivestimento a cassettoni nell'aula, a imitazione delle chiese in superficie. La cripta era in origine interamente affrescata come si evince dalle tracce pittoriche rimaste. Nell'abside centrale trova spazio la raffigurazione della Vergine col Bambino affiancata da due Angeli risalente al XII secolo. Anche nella nicchia che si apre sul lato destro rimangono frammenti di figure, tra cui un santo vescovo. Nel 1780 sulla cripta è stata edificata la piccola chiesa dedicata a san Vincenzo Ferreri caratterizzata da una lineare facciata a capanna e da un semplice portale. L'abbazia di Centoporte, in alcuni documenti denominata Sant'Arcangelo de Casulis, è una costruzione medievale appartenuta dapprima ai monaci basiliani e in seguito ai benedettini. Il nome deriva dalle numerose finestre ancora visibili nei suoi ruderi.
I resti della basilica fanno ritenere che essa sia stata costruita sul modello della chiesa monastica di San Giovanni di Studion in Costantinopoli. Una serie di indizi suggeriscono che fosse dedicata ai santi Medici Cosma e Damiano, particolarmente venerati da Giustiniano.
Fu edificata come chiesa basilicale a tre navate con abside poligonale e nartece, intorno alla prima metà del VI secolo. Ciò che rimane dell'abbazia è una parte dell'abside, costruita con massi di pietra arenaria locale e i ruderi dei muri perimetrali. Questo imponente edificio, lungo oltre 31 metri e largo quasi 11, era dotato di un vestibolo all'ingresso. La copertura, costituita da tegole, era a spioventi, con una parte più alta che copriva la navata centrale e due più basse nelle navate laterali. Le navate erano divise da una fila di colonne, così come si nota da alcune fotografie scattate prima del 1961. Come già preannunciato, i menhir e i dolmen presenti a Giurdignano fanno di questo luogo un sito più unico che raro.  Vale la pena conoscerli tutti.  È posto nelle immediate vicinanze dell'omonima chiesetta. Alto circa 3 m, presenta dimensioni di base pari a  m 0,33 x 0,29 e le facce più larghe orientate sull'asse est-ovest. In pietra leccese, sorge su di un rialto roccioso ed è leggermente inclinato di 15° circa verso N. Il menhir ha le facce smussate e si rastrema verso l'alto. In sommità termina con uno zoccolo parallelepipedo, probabile base per una croce che attesta la cristianizzazione del monolite. Numerose tacche sono visibili sugli spigoli.
Il menhir San Paolo è alto circa 2,25 m, ha dimensioni di base pari a  m 0,35 x 0,29 e presenta le facce smussate. L'orientamento delle facce più larghe è sull'asse est-ovest. Sorge su uno sperone roccioso entro il quale è stata scavata la cripta di San Paolo. Lo spigolo a N presenta sette tacche a distanza regolare. In sommità è visibile una buca di circa 25 cm probabile alloggio di una croce. Il suo nome deriva dalla sottostante grotta bizantina dedicata a san Paolo. Interessante è tale sovrapposizione di monumenti che denota anche la stratificazione e l'integrazione nei secoli a usi religiosi e credenze popolari: nella grotticella è visibile un affresco che rappresenta la taranta, il famoso ragno velenoso che ammorba con il suo morso le donne, le "Tarantate" di cui san Paolo è il protettore. Il menhir San Vincenzo è uno dei monumenti megalitici più alti del territorio giurdignanese. Alto circa 3,50 m, poggia su un banco roccioso e misura alla base cm 45 x 30. È posto nel centro del paese a poca distanza dalla cripta bizantina di San Salvatore. Presenta una sommità rastremata con una fasciatura metallica di consolidamento.
Il Menhir Palanzano è posto presso l'omonima masseria, lungo la linea ferroviaria Lecce-Otranto. Alto 3,50 m, misura alla base  cm 50 x 35; presenta numerose smussature lungo gli spigoli e una croce graffita sul lato est mentre il menhir della Madonna del Rosario  è difficilmente riconoscibile come menhir a causa della sua trasformazione in colonna votiva ottagonale con scalanature. Il monumento presenta segni di precedente rottura in tre tronconi ed è alto 300 cm circa. La base quasi rettangolare (34 x 36 cm) si raccorda col fusto ottagonale scanalato. Il Menhir Vicinanze 1 prende il nome da un casale rupestre denominato Vicinanze. È alto circa 3 m e ha dimensioni di base pari a  m 0,42 x 0,30. L'orientamento delle facce più larghe è sull'asse est-ovest. Il menhir certamente è stato utilizzato nel medioevo come Osanna, come si può facilmente evincere dalla presenza di un incasso alla sommità che doveva accogliere una croce. Questo particolare, attesta la cristianizzazione dei menhir: intorno a queste strutture si svolgevano funzioni di tipo religioso. La Domenica delle Palme, infatti, si svolgevano delle processioni che terminavano dinanzi ai menhir. Sulla faccia anteriore, inoltre, sono visibili due croci che attestano una pratica particolarmente diffusa in età medievale. Il Menhir Vicinanze 2 ha nei suoi  pressi  5 silos, definiti fogge: si tratta di buche scavate nel banco roccioso, dalla caratteristica forma a bottiglia o a campana che servivano per lo stoccaggio delle granaglie. Il Menhir Vicinanze 2 si eleva di 300 cm su uno sperone roccioso, a sua volta alto 150 cm e sorge in prossimità del menhir Vicinanze 1. Ha dimensioni di base pari a  m 0,32 x 0,37. Le facce si presentano smussate, in parte molto probabilmente dai segni del tempo. Il Palumbo, studioso locale, così scrive di questo menhir: "L'avevo visto in piedi nel 1930 ma quando il 20 maggio 1931 tornai sul luogo per fotografarlo, lo trovai spezzato in due avendo ceduto, come mi dissero, agli agenti atmosferici. In seguito e propriamente il 24 maggio 1951, fotografai i due frammenti. Questa colonna fu risollevata dopo oltre 22 anni, il 19 giugno 1953 per interessamento da me svolto presso la Soprintendenza alle Antichità della Puglia e del Materano. Lo fotografai così rimesso in piedi il 29 stesso mese di giugno e detti notizia del suo ripristino a mezzo della stampa, come ho sempre fatto..."'
 Dell'imponente Dolmen Chiancuse crollato su se stesso, è ben visibile il lastrone di copertura (220 x 180 cm) con uno spessore medio di 20 cm. Dei sette ortostati segnalati dal De Giorgi oggi ne sono visibili solo tre. L'ingresso del dolmen presentava un'apertura orientata a NE.
Il Dolmen Peschio è stato rinvenuto da Micalella e Maggiulli nel 1910 mimetizzato in un'area piena di banchi rocciosi affioranti. Del dolmen rimangono visibili solo due ortostati e il lastrone di copertura (200 x 160 cm) con spessore variabile dai 12 ai 20 cm, sulla cui superficie è ben visibile sul suolo accanto ad un ortostato, quello ad W, invece, su un affioramento roccioso. L'apertura è orientata a SW.
Il Dolmen Gravasce, come descritto dal De Giorgi nel 1911, poggia su due macigni e su un terzo piedritto composto di pietre in sovrapposizione. Si eleva di 70 cm dal piano di campagna e presenta una lastra di copertura irregolare (160 x 200 cm).

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