LETTERE DAL LIBANO Introduzione
PRESENTAZIONE “Lettere dal Libano” di Maria Gabriella de Judicibus, incentrato sulla partecipazione ONU alle vicende legate alla questione palestinese in Medio Oriente, si presenta sotto forma di un diario a cui corrisponde un testo epistolare. I due generi letterari testimoniano la presenza di un IO narrante, che vive e, nello stesso tempo, si interroga sulle vicende vissute; al monologo interiore, testimonianza della solitudine morale e spirituale della donna in attesa, corrisponde il desiderio di interloquire con “l’altra parte del mondo” dell’alter ego maschile, come avviene per ogni soldato che, in terra straniera, miri a mantenere saldi i legami con le proprie radici culturali e con la propria dimensione umana e sociale. La finalità dell’espressione memorialistica o epistolare è comunque la stessa: quella di giungere ad una nuova consapevolezza dell’esistenza, più matura, più vigile e soprattutto frutto non di pregiudizio, ma di conoscenza profonda, maturata attraverso il confronto interculturale ed interpersonale. Per l’attualità dei temi trattati ( rapporti tra Israele e popolo arabo; funzione delle forze di pace; problematiche di tipo sociale, politico ed economico che riguardano il mondo contemporaneo compreso il mondo della scuola e del Sud Italia), per lo stile non ridondante, sobrio e privo di volgarità o di giudizi troppo pesanti e gratuiti, il testo appare di gradevole lettura ed utile per la riflessione su problematiche nuovamente e scottantemente aperte nel panorama della società contemporanea. Al di là della motivazione contingente e del riferimento storico-politico legato ai fatti narrati, il testo può essere presentato semplicemente come l’avvincente storia d’amore di un uomo e una donna che “vivono”, ognuno per sè ma nella consapevolezza dell’esserci dell’altro, la propria battaglia quotidiana con l’esistenza. Questo libro è dedicato a tutti coloro che, quotidianamente, hanno saputo credere in se stessi e nei propri ideali, nella consapevolezza che alla Storia ed al Suo giudizio, non si sfugge. I fatti narrati hanno una propria collocazione cronologica e geografica ma ogni riferimento ad eventi o persone realmente esistiti, è puramente casuale.
Abstract
I CAPITOLO Domenica, 7 febbraio 1982 Ly è partito. Billa era nel suo box a a l centro della stanza, si teneva al bordo rosso con le manine e andava su e giù come un pupazzetto a molla. Ignara. Ha fatto ciao con la manina a me e a suo padre mentre la nonna le agitava davanti agli occhi un sonaglino per distrarla ed impedirle di piangere appena ci avesse visto imboccare la porta di casa. L’ho accompagnato in fretta, senza una parola, pochi metri da casa alla fermata dell’autobus per l’aeroporto, eppure sembrava un chilometro, nonostante camminassimo così veloci, a piccoli passi, io stando bene attenta a non guardare la valigia pesante, non la solita, quella del week-end[1], di questa vita fatta di assenze e ritorni, ma un valigione da viaggio lungo, più una “ ventiquattrore”[2] che lo accompagna da quando lo conosco. Un bacio salato, amaro, un bacio che non avevo voglia di dare e poi sono tornata in fretta, più ancora rispetto all’andata, questa volta fermandomi ad ogni vetrina : la gente non deve vedere che piango, in mezzo al Carnevale che impazza, tra coriandoli e stelle filanti, ecco un’altra vetrina e il gesto furtivo della mano sugli occhi.